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Andrea Morzenti

Quante volte, figliolo?



Quante cose son cambiate nella vita. Quante cose son sempre così. Quante volte ho pensato è finita. Poi mi risvegliavo il lunedì. Così canta(va) Vasco Rossi, lo trovi subito se cerchi “Quante volte” su Google.

Ma Vasco canta(va) anche così: Voglio trovare un senso a questa storia. Anche se questa storia un senso non ce l'ha.

 

Eccomi ancora qui, anche in questo lunedì, a parlare di causale dei contratti a termine. Non sto a spiegare cosa sia la causale, che se mi leggete lo sapete di sicuro. Anzi, meglio, non ci provo più neppure a spiegarla perché nessuno credo sia in grado di scriverne una sensata e inattaccabile.


Se ne sono accorti pure al Governo quando rilanciarono il Paese. Tolsero un pochino la causale con la norma più sgangherata dell’universo mondo (sì lo so, qualcuno starà dicendo “no, la più sgangherata è questa”, oppure “no, è quest’altra”, che ognuno di noi in questo profluvio di norme emergenziali e incomprensibili ha la sua).

Poi ad agosto, miracolo, al Governo trovarono qualcuno che sapeva scrivere in italiano e che conosce il diritto del lavoro; e così la norma cambiò. In soldoni, fino a fine 2020 via la causale su proroghe e rinnovi di contratti a termine, anche in somministrazione.


Ma una sola volta, figlioli, non esageriamo a peccare contro il mitico decreto dignità.

La sto buttando sul ridere, mi scuserete, ma sappiamo tutti che è andata più o meno così. E questo perché al Governo ci sono due anime: il Cinquestelle e il PD (più Italia Viva, sempre che esista ancora). La prima tira da una parte, la seconda in senso opposto. E allora via la causale dice il PD, ma senza esagerare che è la nostra bandiera dice il Cinquestelle.


Ed eccoci al disegno di legge di bilancio per il 2021 che, alla seconda bollinatura (!), pare sia finalmente arrivato in Parlamento. Si prevede un’altra (possibile) modifica: via la causale sino a fine marzo 2021 in abbinata con un'altra estensione temporale di pari durata, quella relativa al blocco di licenziamenti. Anche qui PD da una parte, Cinquestelle dall’altra. Ma, soprattutto, l’ammissione - seppur implicita - che continuare a chiedere di mettere una causale ai rinnovi e alle proroghe dei contratti a termine equivale a licenziare.


Ma la norma che il Governo propone al Parlamento sconta un problema non di poco conto, in quanto prevede semplicemente e unicamente che le parole “31 dicembre 2020” siano sostituite dalle seguenti: “31 marzo 2021”. Cioè il Governo consente di peccare contro il decreto dignità sempre e solo una volta, ma entro un lasso temporale più ampio. Così, i contratti a termine che entro fine 2020 avranno già avuto una proroga o un rinnovo senza causale in applicazione della norma di agosto, non avranno alcun nuovo beneficio. Con la conseguenza, se tanto mi dà tanto, di un aumento delle cessazioni di contratti di lavoro a termine.


Ma c’è ancora modo di intervenire? Certo. Basterebbe, minimo sindacale, che il Parlamento (sì lo so, alla fine sarà il Governo con un suo maxiemendamento con fiducia, a ridosso - prima o dopo - del cenone di Natale coi parenti di primo grado) consentisse di peccare (almeno) due volte, non una sola. Una volta in più rispetto all’attuale. Nel 2020 chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato ha dato. Ma che il 2021 inizi con un’occasione in più per garantire continuità occupazionale ai tanti – spesso giovani – lavoratori con contratto a termine. In un’ottica certo di una loro stabilizzazione e, con l’auspicio, che prima o poi la si capisca per davvero, e non a pezzi, che la causale rappresenta per tutti un ostacolo che deve essere al più presto rimosso, togliendo per sempre dal novero dei peccati il mancato rispetto del decreto dignità.


Certo la strada pare ancora lunga, dopo la recente santificazione della legge bandiera del Cinquestelle ad opera di Luigi di Maio che, in spregio ad ogni legge logica e matematica, gli ha attribuito doti magiche dichiarando che “se abbiamo oggi scongiurato circa 2 milioni di licenziamenti è grazie al decreto dignità, con cui abbiamo convertito il 300% dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato”. Al proposito riporto quanto letto su l’HuffPost di Mattia Feltri “l’unico precedente nella storia dell’umanità è rintracciabile nei Vangeli, quando Gesù Cristo moltiplicò i pani e i pesci. Roba da dilettanti, prima di Di Maio”, e non aggiungo altro per amor di patria.




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