Partiamo da un presupposto. La reiterata questione di fiducia posta sulle conversioni dei decreti legge è una cagata pazzesca (cit. Fantozzi) che dovremmo prima o poi superare magari con una riforma costituzionale. Ma intanto ahimè resta il cuore del nostro italico legiferare.
Capita quindi che un decreto legge contenga tre misure avverse (eufemismo) ad una parte della maggioranza (modifiche al reddito di cittadinanza, termovalorizzatore, mancato rifinanziamento del bonus 110%) e che quindi quella parte politica non le voglia votare. Alla Camera quella parte vota sì alla questione di fiducia e vota no alla conversione in legge del decreto. Al Senato però non si può (ma allora il bicameralismo non è così paritario come si dice) perché il voto è unico, con un voto unico voti la fiducia al governo e converti il decreto. Allora quella parte politica decide di uscire dall’Aula al momento del voto. Non vota contro, esce all’Aula.
Ora direte. Sì vabbè, ma è tutta forma. La sostanza è ben altra. Il M5S vuole far saltare il governo Draghi. E, forse, aggiungo io, su richiesta che arriva direttamente dal Cremlino (visti i festeggiamenti russi che ora chiedono un governo italiano non asservito agli interessi Usa, non lo escludo). Salvini non vedeva l’ora. Meloni è lì che scalpita.
Però i numeri parlamentari, e la forma spesso è pure sostanza, dicono altro: all’ultima richiesta di fiducia sulla conversione in legge del decreto aiuti, alla Camera i sì sono stati 410 su 460 presenti, al Senato ieri 172 i sì e 39 i no.
Dopo il voto del Senato, Draghi sale al Colle. Giusto, la maggioranza che ha dato vita al suo governo al Senato non c’è più. Al Senato è mancato il M5S. Fa due chiacchiere con Mattarella, torna a Palazzo Chigi, convoca il Consiglio dei Ministri, comunica che da lì a poco rassegnerà le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato perché non ci sono più le condizioni per proseguire. Quindi sale di nuovo al Colle dove Mattarella però non accoglie le sue dimissioni e lo invita a tornare in Parlamento.
Mattarella non vuole farci votare! Deve sciogliere le Camere! Gridano in molti.
Ma perché mai? Perché Mattarella, garante supremo della Costituzione, dovrebbe sciogliere le Camere quando c’è governo nella pienezza dei suoi poteri? Quando il M5S non ha neppure ritirato i suoi Ministri? Il Parlamento vuole sfiduciare il governo? Prego, si accomodi. Allora Mattarella ne trarrà le conseguenze. Ma sia una discussione e, se necessario, un voto alla luce del sole. Non il giochetto dove alla Camera voti in un modo e al Senato esco dall’Aula (Conte). Non che gridi di andare al voto ma voti sempre sì ad ogni richiesta di fiducia (Salvini).
Cari tutti – mi permetta Presidente se semplifico il Suo molto più raffinato pensiero – volete che sciolga in anticipo le Camere e mandi il Paese alle urne? Con una legge elettorale che manco voi sapete qual è? Con Putin che festeggia? Con la pandemia ancora lì e una crisi idrica, alimentare, energetica, inflattiva che manco vi sto a dire? Ditelo a chiare lettere agli italiani, nelle aule della nostra forma di governo parlamentare. E io lo faccio. Ma io non chiudo una Legislatura senza un mandato chiaro, forte e formale da parte vostra con conseguente piena assunzione di responsabilità.
Grazie Presidente, come sempre. E mi scusi ancora.
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