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Andrea Morzenti

DPCM che volano. Non abituiamoci



Un film della Marvel, Captain America: The Winter Soldier, racconta di un algoritmo in grado di sapere chi saremo e cosa faremo nel nostro futuro.


Lo fa analizzando email, conversazioni, interviste, messaggi, telefonate; insomma ogni comportamento umano. Un grande fratello, che non solo ascolta ma sa predire il futuro. E se il futuro dice che sarò un poco di buono, un terrorista o altro, allora sarò ucciso oggi per evitare che combini guai un domani. Il progetto Insight prevedeva infatti che tre Helicarrier, collegati a satelliti spia, si sarebbero dovuti levare in volo per uccidere, contemporaneamente, circa venti milioni di persone, garantendo così la sicurezza al mondo intero. Nick Fury, Capitan America e la Vedova Nera hanno però sventato il progetto, all'ultimo secondo.

Si voleva sacrificare la libertà di tutti, per garantire la sicurezza a tutti.
 

Al netto di droni ed elicotteri della Guardia di Finanza che si sono levati in volo per scovare il runner untore di turno e di veicoli speciali della Polizia Locale che hanno contribuito a multare chi è sdraiato in solitudine sulla sabbia della spiaggia (aspetti che qui non tratto per amor di Patria), mi chiedevo se fosse ipotizzabile un parallelismo tra il film della Marvel e l’epoca COVID-19 che stiamo vivendo.


Perché, da due mesi ormai, che ci sia richiesta (imposta) una limitazione delle nostre libertà (la libertà di circolazione e di soggiorno, il diritto di riunione, il diritto al lavoro, il diritto di iniziativa economica, il diritto di professare una fede religiosa) per garantire la sicurezza, la salute pubblica, è fuor di dubbio.

Ma, mentre sul fatto che non fosse legittimo spiare sei miliardi di persone e ucciderne venti milioni direi che siamo tutti d’accordo, non tutti concordano sul fatto che siano legittimi, o quantomeno appropriati, gli strumenti giuridici adottati dal Governo per (provare a) raggiungere l’obiettivo di contrastare e contenere la diffusione del COVID-19.


Provo a ricostruire.


Tutto trae origine da una Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 che dichiara per 6 mesi, quindi sino al 31 luglio 2020, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario.


Poi arriva Codogno. Occorre intervenire e il Consiglio dei Ministri approva il Decreto Legge n. 6 del 23 febbraio 2020, quello che potremmo definire “il papà di tutti i DPCM”, il generatore di tutti i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Sabino Cassese, giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale, definirà questo Decreto illegittimo perché “non fissava un termine; non tipizzava poteri, perché conteneva una elencazione esemplificativa, così consentendo l’adozione di atti innominati; non stabiliva le modalità di esercizio dei poteri”.

Ancora Cassese: “Questa non è responsabilità della politica, ma di chi è incaricato degli affari giuridici e legislativi. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza”.

Il papà di tutti i DPCM, intanto, viene prima convertito dal Parlamento con legge n. 13 del 5 marzo 2020 e, successivamente, per porre rimedio a quanto scritto da chi non ha fatto studi di giurisprudenza (cit.) abrogato dal Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020. Decreto quest'ultimo che, mentre prova a dettare paletti meno generici con un elenco più dettagliato di possibili interventi affidati poi ai successivi DPCM, è ancora all'esame del Parlamento (ora è, in prima lettura, alla Camera).


Dal Decreto Legge n. 6/2020 (abrogato) derivano, in particolare ma non solo:

  • DPCM 23 febbraio 2020 e DPCM 1 marzo 2020, da cui tutto ebbe inizio;

  • DPCM 8 marzo 2020, chiusura Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e altre Province;

  • DPCM 9 marzo 2020, chiusura di tutta Italia;

  • DPCM 22 marzo 2020, chiusura attività produttive salvi i Codici ATECO allegati.

Dal Decreto Legge n. 19/2020 (non ancora convertito in Legge) derivano, in particolare ma non solo:

  • DPCM 10 aprile 2020, una sorta di riepilogo del lockdown italico;

  • DPCM 26 aprile 2020, il decreto di fase 2 e dei congiunti.


Ora, la Costituzione (definita in questi giorni da Marta Cartabia, Presidente della Corte Costituzionale, “una bussola nell’emergenza che non contempla un diritto speciale per tempi eccezionali”) tutela sì la salute come diritto fondamentale e prevede che limiti ad altri diritti possano essere posti per motivi di sanità o di sicurezza pubblica. Chiede però che ciò avvenga mediante la Legge e non mediante atti del Presidente del Consiglio dei Ministri, che non sono né sottoposti alla firma del Capo dello Stato né esaminati dal Parlamento.


Ecco, quindi, qualche dubbio sulla legittimità dello strumento giuridico scelto dal Governo per limitare le libertà di noi tutti, certo col nobile fine di salvaguarda la salute pubblica, credo sia giusto porselo. A maggior ragione oggi, visti i mesi trascorsi dal 31 gennaio 2020, visti i rilevanti e delicati temi trattati e visto che gli attuali DPCM sono emananti in attuazione di un Decreto Legge che è ancora all'esame delle Camere.

Insomma, è il Governo che sta autorizzando sé stesso, meglio il Presidente del Consiglio, non tanto a fare Facebook live delle ore 2020 ma a limitare le nostre libertà.

A meno che non ci vada bene così, e non ci sollevi perplessità che a definire chi sia un congiunto, chi sia una persona a noi vicina e cara, se va male, sia un’intervista radiofonica del Vice Ministro alla Salute e, se va meno male, sia una FAQ sul sito del Governo a cui seguirà una Circolare del Ministero dell’Interno che lo farà così sapere alle Forze dell’Ordine che saranno così preparate nel farci compilare idonea autodichiarazione a tutela della salute pubblica e in limitazione delle libertà personali.


Ecco, se fosse davvero così, non ci resta che sperare anche noi in Nick Fury.


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