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Dimissioni per assenze ingiustificate in base alla legge

Andrea Morzenti

Aggiornamento: 6 giorni fa



Nel cd. Collegato Lavoro c’è una norma su tutte che sta facendo molto parlare di sé. Niente sulla salute e sicurezza sul lavoro, poco sulle attività stagionali, ancora meno sul lavoro agile, nulla sull’apprendistato duale, qualcosa di più anche se perlopiù confuso sulla somministrazione di lavoro.

Ma sulle dimissioni per fatti concludenti un fiume di parole. Con INL (dovuta) e INPS (opzionale) a dar manforte alla discussione.


Un punto in particolare è ancora oggi oggetto di dibattito. E cioè: il numero di giorni di assenza ingiustificata protratta necessari al perfezionarsi della nuova fattispecie (dimissioni “tacite”) possono essere quelli già previsti dai ccnl in merito al procedimento disciplinare oppure è necessario che i ccnl definiscano una posizione autonoma e specifica sul punto non trattandosi di disciplinare ma di dismissioni e pertanto, nell’attesa e in assenza, opera il termine di legge dei quindici giorni?


Sul punto, ad esempio per citarne solo due ma sono molti di più, troviamo entrambe le opposte letture su NT+ Lavoro (Sole 24 Ore). Enzo De Fusco (3 marzo 2025) propende per la prima interpretazione, Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone (13 Febbraio 2025) prediligono la seconda.


Questa la norma: «In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore […]. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza».


Quindi:

  • assenza ingiustificata protratta

  • oltre il termine previsto dal ccnl

  • in mancanza il termine è di quindici giorni (oltre, quindi sedici)

  • il datore di lavoro lo comunica all’ITL (che può verificare la veridicità)

  • il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore (dimissioni)

  • il lavoratore quindi, non licenziato ma dimessosi, non percepisce la NASpI


Ora, sulla base di quanto sommariamente sopra descritto, mi pare evidente che siamo in presenza di un qualcosa di molto diverso rispetto ad un lavoratore che commette una infrazione/mancanza (assente dal lavoro, ingiustificato), a cui viene concesso un termine a difesa (le giustificazioni, se ne ha) e che viene poi licenziato disciplinarmente (di regola giusta causa) per non avere giustificato l’assenza.

Situazione, questa, che non viene in alcun modo intaccata dalla norma in commento.


Siamo invece in presenza di un lavoratore che (come si suol dire) sparisce con il (non) dichiarato intento di voler rassegnare le dimissioni. C’è quindi una volontà, seppur tacita, di non voler proseguire il rapporto di lavoro. Non una infrazione/mancanza da sanzionare, ma una volontà di cui prendere atto. E che comporta i) per il lavoratore la conseguenza negativa del mancato percepimento della indennità prevista per i casi di disoccupazione involontaria (oggi NASpI) e ii) per il datore di lavoro l’esonero dal versamento del cd. ticket di licenziamento.


Ritengo quindi che considerare le attuali previsioni dei diversi ccnl (precedenti rispetto alla nuova norma) in punto di determinazione dei giorni utili a configurare la nuova fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, non sia la lettura corretta (oltre che essere rischiosa). Le parti, organizzazioni datoriali e sindacali, quando hanno stabilito l’entità di un’assenza ingiustificata protratta considerandola di una gravità tale da poter configurare un licenziamento disciplinare, certo non potevamo immaginare che tale loro determinazione potesse essere poi essere traslata in una fattispecie nuova e diversa, le dimissioni tacite appunto. Tanto per la diversa procedura prevista (contestazione, giustificazioni, eventuale licenziamento), quanto per le rilevanti diverse conseguenze (NASpI).


In conclusione ritengo quindi, pur non avendo la pretesa di assurgere al ruolo di un giudice (…), che i datori di lavoro dovranno attendere il decorso del termine di legge (oltre i quindici giorni) per poter configurare una assenza ingiustificata quale volontà del lavoratore di rassegnare le dimissioni (tacite per fatti concludenti) e poterle comunicare come tali all’ITL e, di conseguenza, agli Enti competenti con il sistema delle comunicazioni obbligatorie. Questo ovviamente nell’attesa che i ccnl intervengano (se lo vorranno) in modo puntuale e specifico nel disciplinare la nuova fattispecie prevedendo una autonoma durata in termini di giorni di assenza ingiustificata protratta, che ben potrà essere diversa rispetto a quella prevista per i procedimenti disciplinari.


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