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Patente e libretto

  • Andrea Morzenti
  • 13 gen 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Un amico ha pranzato in un bel bar, uno di questi primi giorni di gennaio 2020. Pausa pranzo tranquilla con una sua collega. Alla cassa va per pagare lui, per tutti e due. Pare si usi ancora.

Ricevuto lo scontrino, prima di pagare, ha chiesto al barista di esibirgli le deleghe di pagamento relative alle ritenute fiscali di tutti i lavoratori che lavorano lì, nel suo bar. Gli ha detto, il mio amico, che deve controllare, in nome dello Stato, la regolarità fiscale del suo bar, con riferimento ai lavoratori che hanno preparato e servito al tavolo le ottime piadine mangiate a pranzo. Altrimenti non può pagare perché, se paga, rischia pesanti sanzioni da parte dell’Agenzie delle Entrate.

Il barista è rimasto basito. Allora il mio amico, un po’ burlone, ha detto al barista che scherzava e che voleva solo far capire alla sua collega, che lo guardava sorridendo, gli effetti della nuova legge di cui avevano appena finito di discutere davanti alle due piadine. E, così, ha pagato e salutato il barista.

 

La norma è il tanto discusso articolo 4 del cosiddetto Decreto Fiscale (Decreto Legge n. 124/2019, convertito in Legge n. 157/2019) entrata in vigore, per fortuna con modifiche rispetto al testo originario, il 1 gennaio 2020 (ma i primi effetti concreti li vedremo da febbraio, ci ha tenuto a precisare subito l’Agenzia delle Entrate che, forse, ancora non sa neppure lei che pesci pigliare).

A CHI SI APPLICA?

Si applica in tutti i casi in cui il committente affida ad un’impresa (appaltatore) il compimento di opere o servizi tramite contratto di appalto o altri rapporti negoziati comunque denominati, caratterizzati da i) importo complessivo annuo superiore a 200 mila euro ii) prevalente utilizzo di manodopera iii) presso la sua sede iv) con l’utilizzo dei beni strumentali di sua proprietà o, comunque, nella sua disponibilità.

COSA PREVEDE?

È previsto che il committente, prima di procedere con il pagamento del corrispettivo, debba richiedere all'appaltatore (e agli eventuali subappaltatori) copia delle deleghe di pagamento (gli F24) relative al versamento delle ritenute fiscali di tutti i lavoratori (dipendenti e assimilati) direttamente impiegati nell’appalto.

L’appaltatore dovrà quindi versare, ogni mese, le ritenute fiscali con distinte deleghe di pagamento, una per ogni committente.

E dovrà, prosegue la norma, inviare al committente, entro 5 giorni dal pagamento delle ritenute fiscali: i) l’elenco nominativo di tutti i lavoratori impiegati, nel mese precedente, nell'esecuzione dell’appalto ii) il loro codice fiscale iii) il numero delle ore di lavoro iv) l’importo della retribuzione e delle ritenute fiscali.

QUALI SONO LA FINALITÀ?

La finalità è chiara: è quella di contrastare la fornitura illecita di manodopera - realizzata attraverso l’elusione di norme di legge giuslavoristiche mediante il ricorso ad appalti non genuini - ed evitare le violazioni di obblighi di natura fiscale (la responsabilità solidale contributiva e retributiva, tra committente e appaltatore, è già prevista da altra norma di legge).

A CHI NON SI APPLICA?

Nei giorni scorsi ha fatto discutere un articolo apparso su Italia Oggi (7 gennaio 2020, a firma di Fabrizio G. Poggiani e Francesco Zuech) con cui si è sostenuta, seppur in termini dubitativi, l’applicabilità della norma anche alla somministrazione di lavoro (oltre che al distacco).

A mio parere, invece, la non applicabilità alle Agenzie per il Lavoro è pacifica. Innanzitutto, in considerazione della finalità della norma che è quella, vista sopra, di contrastare fenomeni di somministrazione elusiva e non certo fenomeni di somministrazione regolare resa, oltretutto, da soggetti autorizzati dal (e sotto la vigilanza del) Ministero del Lavoro.

Ma se le finalità non dovessero bastare è il tenore letterale della norma a fugare ogni dubbio. Vero che la norma dice anche di “altri rapporti negoziati comunque denominati”, ma il contratto di somministrazione di lavoro non ha certo ad oggetto il compimento di opere o servizi con “prevalente utilizzo di manodopera”, bensì la esclusiva “fornitura professionale di manodopera” (art. 2, co. 1, lett. a), dlgs n. 276/2003). E non è neppure possibile, da parte della società di somministrazione, "l'utilizzo di beni strumentali" di proprietà del committente/utilizzatore, visto che i dipendenti del somministratore “svolgono la propria attività nell'interesse e sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore” (art. 30, dlgs n. 81/2015).

COME SE NE PUÒ USCIRE?

Se si rientra nel campo di applicazione della norma, tutto questo ambaradan si può evitare solo se l’appaltatore è in possesso di una specifica certificazione, con validità quadrimestrale, rilasciata ad hoc dalla Agenzie delle Entrate.

La certificazione, una sorta di regolarità fiscale che deve essere inviata al committente, è rilasciata se l’appaltatore i) è in attività da almeno 3 anni ii) è in regola con gli obblighi dichiarativi iii) ha eseguito versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dei ricavi iv) non ha iscrizioni a ruolo per importi superiori a 50 mila euro con termini di pagamento scaduti. [ma per una disamina più accurata, mi raccomando, sentite il vostro fiscalista]

QUALI SONO LE CONSEGUENZE E LE SANZIONI?

Se il committente non rispetta quanto previsto dalla norma, cioè paga l’intero corrispettivo senza aver prima verificato la regolarità fiscale dell’appaltatore, è obbligato a versare all'Erario una somma pari all'importo della sanzione irrogata all'appaltatore per la violazione dei suoi obblighi fiscali riferiti ai lavoratori applicati all'appalto.

Il committente, infatti, in caso di mancato ricevimento delle deleghe di pagamento o della certificazione dell’Agenzie delle Entrate, è obbligato a sospendere il pagamento del 20% del corrispettivo.

Ah, quasi scordavo. Il committente, nel caso in cui l’appaltatore non gli trasmetta le deleghe di pagamento delle ritenute fiscali o la certificazione, non solo deve sospendere il pagamento del 20% del corrispettivo ma, entro 90 giorni, deve anche comunicare l'inadempimento dell'appaltatore all'Agenzia delle Entrate territorialmente competente.

Insomma, è davvero quello che diceva il mio amico al barista: il controllo in nome dello Stato.

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