Cos'è Facebook, o altro social network, se non una piazza, “un servizio online mediante il quale gli utenti di tutto il mondo possono entrare in contatto, condividere informazioni e discuterne tra loro nell'ottica, dichiarata dalla stessa Facebook, della libertà di espressione del pensiero”?
Così si legge nell'ordinanza pronunciata l’11 dicembre 2019 dal Giudice dott.ssa Stefania Garrisi del Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d’impresa.
Il 9 settembre 2019 FB aveva rimosso le pagine ufficiali, nazionali e locali, del movimento di estrema destra CasaPound considerata “associazione che proclama o è coinvolta in missioni violente”, punendo così “la promozione della violenza o gli atti di violenza contro persone di una determinata etnia o nazionalità e i discorsi e l’istigazione all'odio, sia online sia offline”.
La reazione di molti è stata: bene, finalmente un passo concreto verso l’archiviazione della stagione dell’odio organizzata sui social, un provvedimento sacrosanto con una motivazione esemplare a sostegno di una scelta giusta e coraggiosa (ho riportato un po’ alla rinfusa le dichiarazioni di alcuni esponenti di centrosinistra: Ettore Rosato, Laura Boldrini, Nicola Zingaretti).
Alcune, minoritarie, voci in dissenso ci sono state, e così si sono levati subito gli scudi dei liberisti libertari: FB è un’azienda privata e fa quel che le pare, un po’ come io a casa mia decido chi invitare, chi far entrare e chi no. Dimenticando, o omettendo, che ad esempio in uno stadio, seppur privato, le società di calcio non possono decidere di tener fuori, che ne so, chi ha un neo sul naso, solo perché lo stadio è di loro proprietà o nella loro disponibilità.
CasaPound nel frattempo si rivolge alla magistratura, con un ricorso d’’urgenza ex art. 700 c.p.c., chiedendo l’immediata riattivazione della propria pagina FB. E il giudice gli dà ragione. Certo è solo la fase cautelare del procedimento, il giudizio potrebbe proseguire con la sentenza di primo grado, appello, Cassazione. Ma si tratta del primo provvedimento giudiziario su questo tema e non può ovviamente essere ignorato nella discussione.
Ma perché, secondo il Giudice, la pagina di CasaPound deve essere riattivata? Non era, il provvedimento di FB, una decisione giusta e sacrosanta contro atti di violenza e di istigazione all'odio? Non è FB una mera azienda privata che può fare quel che vuole? O, invece, FB è una piazza che garantisce, deve garantire, libertà di espressione e di pensiero politico, (certo) nel rispetto della legge?
Mentre FB ha dichiarato di aver ripristinato la pagina di CasaPound e di esaminare la decisione valutando le opzioni disponibili, vediamo cosa ha scritto il Giudice nella sua ordinanza.
Scrive la dott.ssa Stefania Garrisi: “è evidente il rilievo preminente assunto da FB con riferimento all'attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost.), al punto che il soggetto che non è presente su FB è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina FB i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento.
Ne deriva che il rapporto tra FB e l’utente che intenda registrarsi al servizio (o con l’utente già abilitato al servizio come nel caso in esame) non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto FB, ricopre una speciale posizione: tale speciale posizione comporta che FB, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri (con accertamento da compiere attraverso una fase a cognizione piena) la loro violazione da parte dell’utente” [cliccando qui, il testo completo dell'ordinanza].
Insomma, in altre parole, se e finché CasaPound può affiggere un suo manifesto politico sui muri delle nostre città o distribuire un volantino nelle piazze italiane, così deve anche poter postare un commento sulla propria pagina FB che, alla stregua di una TV commerciale e, perché no, anche di una Agenzia per il lavoro, è sì un’azienda privata ma che svolge però un servizio pubblico.
Ragionando diversamente giungeremmo alla conclusione che “sulla legge dello Stato troneggia una legge privata, opaca e sovranazionale con cui si separano i giusti dagli ingiusti: se ne sono viste poche di robe più fasciste”, ricordando che “la libertà d’opinione serve a tutelare specialmente le idee cattive ché a tutelare quelle buone sono capaci tutti” (doppio cit. Mattia Feltri, Buongiorno del 10 settembre 2019).