“La riorganizzazione di Tridico: all’Inps c’è la nuova direzione Povertà” titola giovedì 26 settembre 2019 il Sole 24 Ore.
Ma non era stata abolita, la povertà? Così ci aveva garantito il vice premier Di Maio dal balcone di Chigi (che Palazzo non usa più), prima di andare all'estero, quando era ancora al lavoro e allo sviluppo economico. E l’abolizione della povertà avvenne grazie al reddito di cittadinanza, di cui Tridico è un grande fan. E niente, devono averci ripensato.
Intanto la Guardia di Finanza ha accertato che il 60% dei percettori del reddito di cittadinanza ha dichiarato il falso, i Centri per l’Impiego dicono che il 40% di loro non risponde alle chiamate e nessun Comune ha ancora potuto avviarli a lavori di pubblica utilità. Un fallimento annunciato causato dal voler fare di un unico strumento tanto una misura di contrasto alla povertà quanto una misura di politica attiva del lavoro. Che già fatichiamo a far bene una cosa sola, figuriamoci due assieme.
Del decreto dignità, altra misura di cui Tridico è grande fan, non se ne parla più. Al governo pare sia un tabù.
Uno studio (“Tanto rumore per nulla? Un anno dopo il decreto dignità”, di Bruno Anastasia su lavoce.info) ha evidenziato che, nell'ultimo anno, l’incidenza del numero dei dipendenti a termine sul totale è rimasta invariata (17% circa). Dice l’autore che "con uno sforzo di positività potremmo sostenere che è stato cristallizzato il livello relativo dell’occupazione a termine”. Sono i settori della ristorazione, della ricettività e del commercio, unitamente alle attività stagionali, che mantengono alti i flussi di rapporti a tempo determinato. Conclude quindi l’autore, che “la struttura e la dinamica dei rapporti a termine riflettono pertanto le caratterizzazioni e l’evoluzione della struttura produttiva italiana”; non c’è norma che tenga, aggiungo io.
Iniziano invece a diminuire, tornando ai valori di prima, le trasformazioni a tempo indeterminato. A conferma, a mio parere, che il recente aumento delle trasformazioni ha riguardato principalmente i rapporti a tempo determinato stipulati prima del decreto dignità e prorogati il più possibile, senza causale, durante il regime transitorio. I nuovi contratti sono necessariamente più brevi, difficilmente vanno oltre i dodici mesi visto l’obbligo della causale, e generano purtroppo un più elevato turnover. Il che pare essere confermato dall'incidenza dei dipendenti a termine sul totale, come visto, rimasta invariata.
Il nuovo governo pare quindi aver dimenticato il decreto dignità, nessuna modifica risulta essere oggi all'orizzonte. Sul fronte del reddito di cittadinanza non si capisce, invece, se e quali correttivi saranno approvati. Anche perché il governo italiano muta in continuazione. Non è stata sufficiente la già significativa mutazione da gialloverde a giallorosso. Dopo la scissione del PD con Italia Viva di Renzi, oggi possiamo infatti definirlo un giallorosè.
Ma c’è chi invece parla di latticini e salumi, e non di vino. Prodi ha recentemente definito Italia Viva uno yogurt. E Renzi, in risposta, ha ricordato il salume preferito dal Professore, la mortadella. Solo allora Gianni Riotta ha sentito l’esigenza di dire che, “a sinistra servirebbe una Giornata Ecologica del Linguaggio Sostenibile”. Giusto, dico io. Ma, caro Riotta, perché attendere l’arrivo della mortadella e non dirlo subito dopo lo yogurt? Pare che il Professore sia un guru intoccabile, quasi che dire qualcosa contro di lui sia lesa maestà.
Governo in continua mutazione quindi. Nel breve o medio termine ci saranno impatti sul decreto dignità e sul reddito di cittadinanza? E nel lungo termine, la strada verso la Presidenza della Repubblica sarà sbarrata – per la seconda volta – per Romano Prodi?