Ho intervistato Salvini
- Andrea Morzenti
- 8 lug 2019
- Tempo di lettura: 6 min

Il Ministro dell’Interno ha detto che la sentenza (che poi è una ordinanza) del Tribunale (che poi è, in particolare, del GIP) di Agrigento che non ha convalidato l'arresto di Carola Rackete, è pericolosa e può costituire un grave precedente. Se siamo in macchina, siamo così autorizzati a non fermarci ad un alt dei Carabinieri e a speronare la loro auto (sic.).
Tal Ministro della Repubblica ha anche detto che gli italiani che hanno versato oltre un milione di euro per la causa della Comandante della Sea Watch, avrebbero fatto meglio ad aiutare gli italiani in difficoltà invece che una nave olandese di pirati guidata da una criminale donna tedesca.
Il Ministro lo ha detto in tv, intervistato dal giornalista di turno (di turno ok, giornalista un po’ meno) sulle reti Mediaset di Silvio Berlusconi. Giornalista a cui il Ministro dava del tu e che sorrideva e rideva alle parole del Ministro, con sottofondo gli applausi del pubblico.
Allora mi sono chiesto: ma se il giornalista fossi stato io? Cosa avrei chiesto al Ministro che, tra l’altro, condivide con me giorno, mese e anno di nascita? Ecco, avrei iniziato da qui (sa Ministro che siamo gemelli, diversi?) e poi gli avrei letto e commentato alcuni passi dell’Ordinanza, chiedendo un suo parere e ribattendo quando andava un po’, diciamo così, fuori dal seminato.
IO, GIORNALISTA. Ministro buongiorno e grazie per essere qui. Iniziamo subito con una curiosità: sa che Lei e io siamo gemelli, diversi?
[beh dai, questa l’ho già detta]
IO. Ministro, buongiorno e grazie per essere qui. Iniziamo da queste prime parole dell’Ordinanza del GIP dottoressa Alessandra Vella: “il fatto contestato all’indagata Carola Rackete non può essere atomisticamente esaminato”.
Lei sa cosa significa “atomisticamente”? [no dai, questo non glielo chiederei]
IO. Ministro, buongiorno e grazie per essere qui. Vorrei leggere con Lei alcuni passaggi dell’Ordinanza del GIP dottoressa Alessandra Vella e chiedere un Suo parere. Così non facciamo propaganda, ma stiamo ai fatti, quantomeno giuridici. La dottoressa Vella osserva, in premessa, che il fatto “non può essere atomisticamente esaminato, ma deve essere vagliato unitamente ed alla luce di ciò che lo precede, ossia il soccorso in mare e gli obblighi che ne derivano”. Richiama poi, in particolare, “la Costituzione, le convenzioni internazionali, il diritto consuetudinario ed i Principi Generali del Diritto riconosciuti dalle Nazioni Unite” che, prosegue “pongono obblighi specifici sia in capo ai comandanti delle navi che in capo agli Stati contraenti, in ordine alle operazioni di soccorso in mare”.
Cosa ne pensa? Parrebbe proprio che il fatto non possa essere contestato alla Comandante della Sea Watch. E poi, si legge di obblighi in capo agli Stati contraenti, cioè anche in capo all'Italia, in merito alle operazioni di soccorso in mare. Cosa fa l’Italia, il Governo, Lei e il Suo Ministero sul punto?
MINISTRO DELL'INTERNO. […]
IO. Lei ha giurato rispetto della Costituzione Italiana quando è stato nominato, dal Capo dello Stato, Ministro dell’Interno, Ministro della Repubblica. L’Ordinanza ricorda che “in base all’art. 10 della Costituzione, l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale” e che, quindi, “la potestà legislativa [quella italiana, Ministro] è esercitata nel rispetto, tra l’altro, dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali”. Il GIP cita:
la United Nations Convention of the law of the sea (UNCLOS) del 10 dicembre 1982, ratificata e resa esecutiva in Italia con Legge 2 dicembre 1984, n. 689;
la Convenzione SOLAS firmata a Londra nel 1974, resa esecutiva in Italia con Legge 23 maggio 1980, n. 313;
la Convenzione Search and Rescue, convenzione sulla ricerca e il soccorso in mare, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979 e resa esecutiva in Italia con Legge 3 aprile 1989, n. 47.
Nel Suo agire, nel proporre atti normativi e regolamentari, conosce e si ispira a queste Convenzioni? O non le trova conferenti al caso di specie e, se del caso, perché?
MINISTRO. […]
IO. Mi permetta Ministro, non capisco cosa c’entri viaggiare in auto e non rispettare l’alt dei Carabinieri. Le Convenzioni, tutte tra l’altro come visto ratificate e rese esecutive con Leggi italiane, prevedono - ci ricorda l’Ordinanza - un obbligo per il Comandante “di prestare assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare, alle persone che si trovano in pericolo”, ma anche che “i poteri-doveri di intervento e coordinamento da parte degli apparati di un singolo Stato nell'area di competenza non escludono (anzi, in un certo senso impongono) che unità navali di diversa bandiera possano iniziare il soccorso allorquando lo richieda l’imminenza del pericolo per le vite umane”.
Sulla base di questo, non trova fuori luogo definire la Sea Watch, nave battente bandiera olandese, una nave pirata?
MINISTRO. […]
IO. Non La seguo, provo a puntualizzare meglio. Dalla lettura dell’art. 19 della UNCLOS si desume, scrive sempre il GIP. che “il principio della libertà degli Stati di regolare i flussi di ingresso sul proprio territorio nazionale (espressione di sovranità) con i limiti – tuttavia – derivanti dai limiti che lo Stato stesso si impone mediante adesione ai trattati internazionali, idonei a conformare la stessa sovranità nazionale; e tra detti limiti figurano il dovere di pronto soccorso alle navi in difficoltà e di soccorso ai naufraghi”. Del resto, Ministro, è lo stesso Testo Unico sull'Immigrazione (il decreto legislativo n. 286 del 1998, modificato - Le ricordo - dalla Legge Bossi-Fini) a prevedere “un obbligo, in capo alle autorità statali [cioè, mi permetta, anche in capo a Lei] di soccorrere e fornire prima assistenza allo straniero che abbia fatto ingresso, anche non regolare, nel territorio dello Stato”.
Non crede, Ministro, che lasciare oltre 40 migranti, per quasi due settimane su una nave in mare, in condizioni difficili e di pericolo, sanitarie, fisiche e psicologiche, non sia stato un venir meno ai Suoi obblighi, ben richiamati - non dalla stampa o dai social - dalle norme che Le ho riportato?
MINISTRO. […]
IO. Ministro, Lei dice spesso che i nostri porti sono chiusi e che i migranti devono sbarcare in altri porti. Per il caso specifico, però, cito sempre l’Ordinanza, “il porto di Tripoli non è sicuro sulla base delle raccomandazioni del Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa e di recenti pronunce giurisprudenziali (v. sentenza del GUP di Trapani, del 23 maggio 2019)”, mentre i porti di Malta sono più distanti e in Tunisia non ci sono porti sicuri in base ad informazioni di Amnesty International.
Ministro, Lei ha altre e diverse informazioni a riguardo?
MINISTRO. […]
IO. Però Ministro, e concludo davvero sul punto, riservandomi solo un’ultima domanda e ringraziandoLa fin d’ora per la disponibilità, la Convenzione di Amburgo del 1979, cito sempre l’Ordinanza mi scuserà, “prevede che gli sbarchi dei naufraghi soccorsi in mare debbano avvenire nel porto sicuro più vicino al luogo del soccorso. Questo significa che le persone tratte in salvo devono essere portate dove:
la sicurezza della vita dei naufraghi non è più in pericolo;
le necessità primarie (cibo, alloggio e cure mediche) sono assicurate;
può essere organizzato il trasferimento dei naufraghi verso una destinazione finale”.
Ed è “alla luce del suddetto quadro normativo esaminato, in base alle conoscenze personali in ordine alla sicurezza dei luoghi, ed avvalendosi della consulenza dei suoi legali, che il Comandante Carola Rackete si è approssimata alle acque di Lampedusa, ritenendolo porto sicuro e più vicino per lo sbarco, e chiedeva, invano, alle autorità di poter entrare”.
Secondo Lei, Ministro, cos'altro poteva fare la Comandante della Sea Watch per portare in salvo i naufraghi? Chiedo in merito al caso specifico, ovviamente, senza alcun riferimento al difficile e complesso fenomeno migratorio in atto.
MINISTRO. […]
IO. Ed eccomi alle conclusioni dell’Ordinanza e alla mia ultima domanda. Carola Rackete è accusata di due reati
ipotesi delittuosa di cui all'art. 1100 del Codice della Navigazione (Resistenza o violenza contro nave da guerra);
ipotesi di reato di cui all’art. 337 del Codice Penale (Resistenza a un pubblico ufficiale).
Sulla prima ipotesi, il GIP esclude la ricorrenza del reato, sulla base del fatto che la Corte Costituzionale (sentenza n. 35 del 2000) ha precisato che le unità navali “sono considerate navi da guerra solo quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia una autorità consolare. Nella fattispecie, al contrario, la nave della Guardia di Finanza indicata nell'atto di incolpazione operava in acque territoriali, all'interno del Porto di Lampedusa”. Sulla seconda ipotesi di reato, invece, il GIP conclude dicendo che “il reato, in ogni modo, deve ritenersi scriminato, ai sensi dell’art. 51 c.p, per aver l’indagata agito in adempimento di un dovere”. Ecco, sulla seconda ipotesi di reato, resistenza a pubblico ufficiale, sul fatto che secondo il GIP la Comandante abbia agito in adempimento di obblighi normativi, abbiamo già detto nel corso di questa intervista, non ci torno più.
Ma sulla prima ipotesi di reato, la resistenza o violenza contro nave da guerra, che prevede sino a dieci anni di reclusione e che tanta eco ha avuto fin da subito sulla stampa e sui social, reato che risulterebbe addirittura non ricorrere in alcun modo e che non si attaglia al caso di specie, cosa mi può dire? Grazie.
MINISTRO. [...] Grazie a Lei. Bacioni.