Qui scrivo di lavoro e di politica.
Nelle prossime settimane si parlerà di reddito di cittadinanza, politiche attive del lavoro, quota 100 e flat tax per le partite IVA. E di quant'altro ci regalerà il governo gialloverde. Ma anche del nuovo contratto collettivo delle Agenzie per il Lavoro e degli sviluppi della vicenda dei riders.
Questa settimana voglio però scrivere dei piccoli migranti, dei bambini, dei ragazzi, che vengono da un altro Paese. Alcuni ce la fanno, altri no. Ad alcuni, già integrati da noi, viene detto di andarsene. Sono storie vere, che ti restano dentro.
Come quella della pagella piegata con cura, cucita nella tasca di un quattordicenne del Mali: era la speranza del suo viaggio verso l’Europa. Venire in Italia portando la sua pagella bella, cucita dentro una sua tasca - mi immagino - dalla sua mamma, perché ci teneva a farci vedere che era bravo a scuola; voleva proseguire gli studi da noi. Non ce l’ha fatta. Il suo corpo senza vita, e senza nome, è rimasto in fondo al mare.
È una delle storie, che risalgono ad alcuni anni fa, raccontate da Cristina Cattaneo, medico legale, nel suo libro (“Naufraghi senza volto”, Raffaello Cortina Editore, novembre 2018), e disegnata da Makkox nella toccante vignetta su Il Foglio che fa da copertina a questo post.
Chissà se Matteo Salvini avrà letto il libro, ora che - è notizia di questi giorni - il Tribunale dei Ministri di Catania ha chiesto al Senato l'autorizzazione a procedere per poterlo giudicare «Per avere, nella sua qualità di ministro dell'Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale i 177 migranti. Violando le convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare e le correlate norme di attuazione nazionali, [...] determinando consapevolmente l'illegittima privazione della libertà personale di questi ultimi costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche a bordo della Diciotti. Fatto aggravato dall'essere stato commesso anche in danno di soggetti di minore età». [sulla vicenda della nave Dicotti mio post di agosto 2018]
Altre storie vere, di alcuni giorni fa, sono quelle pennellate dalla penna di Mattia Feltri nel suo tanto semplice quanto straordinario Buongiorno, "La retata", su La Stampa dello scorso 24 gennaio. Racconta di quanto accaduto al Centro di assistenza per i richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto (Roma). Del bimbo di Blessing di sette mesi, che con la sua mamma sarà allontanato dal Centro, senza dimora. Di Sigo di cinque anni, e di Arges di quattro, che frequentano la scuola materna. Dei bambini di Pinar e Homer, di cinque e due anni; il grande, Berat Ata, va in prima elementare. I più grandi studiano l’italiano nel doposcuola. Tutti saranno espulsi dal Centro, trasferiti.
Andrea Iacomini, portavoce dell'Unicef: «Bambini e ragazzi che frequentavano le scuole e i centri estivi, che avevano stretto amicizia e legami affettivi con i coetanei italiani si trovano improvvisamente gettati fuori dal loro ambiente e proiettati nell'ignoto, a ricominciare da zero ma gravati dal peso di un'esperienza che non potrà non lasciare una ferita dentro di loro».
Flora Del Vivo, maestra elementare a Castelnuovo: «Non ho avuto neanche la possibilità di avvicinarmi ai miei alunni per salutarli. Il saluto è fondamentale per tutti gli esseri umani, ma specialmente per i bambini».
I bambini della scuola elementare “Guido Pitocco” hanno scritto delle belle lettere ai loro coetanei del Centro di assistenza. Gli han voluto dire che non sono soli. Ma i bambini (ancora) purtroppo non votano.
Sono storie di bambini, i più grandicelli che stavano – immagino a fatica – integrandosi da noi. Sui banchi di scuola, dentro le classi, nelle palestre, sui campi di calcio, coi loro amici.
Allontanati, trasferiti. In attuazione di una Legge dello Stato che si fa chiamare Decreto Sicurezza.